martedì 21 maggio 2013

Colloquio di lavoro numero tre -LiLLy e gli antri segreti di Fornace Zarattini-

Fornace Zarattini è una frazione di Ravenna in cui sono concentrate molte delle industrie della città.
Se mai vi dovesse capitare di avventurarvi da quelle parti, ricordatevi di portarvi dietro un dispositivo GPS, un cellulare e qualche bene di prima necessità tipo acqua, cibo, salviettine umide e carta igienica.
Si perchè la nostra amena frazione non è nient'altro che un'enorme distesa di cemento punteggiata di magazzini, uffici e capannoni. Tutti uguali.
Ovviamente ci sono delle vie che fungono da punti di riferimento, peccato che i numeri civici siano stati posizionati secondo la stessa logica usata nel Bingo, quella della casualità. Il che rende la ricerca di un particolare indirizzo un'avventura unica e senza precedenti.

A Fornace Zarattini sai quando entri. Non sai quando esci.
Sempre se esci.
Qualcuno di voi potrebbe dirmi: "Suvvia LiLLy, ci sarà qualcuno a cui chiedere informazioni, no?"
Ebbene, sappiate che a Fornace Zarattini non v'è forma di vita umana alcuna.
"Ma se non ci sono persone, chi fa andare avanti il lavoro nelle fabbriche?"
Già, miei cari lettori, questo me lo sono chiesta anche io. La mia supposizione è che Fornace Zarattini, si trovi al confine con una realtà parallela.
Avete presente il film "Il castello errante di Howl"? Avete presente il demone Calcifer, lo spirito che permette al castello di volare e che fa andare avanti tutto l'ambarandan?
Ecco, le industrie a Fornace Zarattini funzionano così.
E infatti la sensazione che ho è proprio quella di essere stata catapultata in un film di Miyazaki.

Io e mio padre ci mettiamo a cercare l'indirizzo dell'ufficio in cui ho appuntamento per il colloquio. Siamo in anticipo, mooooooooolto in anticipo.
Voi mi direte: " Maddai LiLLy, c'hai quasi trent'anni e ti porti dietro tuo padre ?"
Cari e impertinenti lettori, non sono mai stata morbosamente attaccata a mio padre nemmeno quando ero in fasce, senza contare che ho smesso di vivere con i miei genitori a 20 anni e che negli anni successivi mi sono sempre arrangiata da sola.
Il problema è che non sono ben sicura di chi potrei trovarmi di fronte quando farò il colloquio.
La persona che mi ha contattata, ha effettuato la chiamata con un numero di cellulare e non con un fisso. Mi ha detto il nome dell'azienda, mi ha detto in quale settore opera. Peccato che andando poi a  controllare, su internet venivano riportate informazioni del tutto diverse.

Dopo una ricerca estenuante finalmente troviamo l'ufficio.
Si trova in una costruzione vecchia, abbandonata e non ha nemmeno un'insegna fuori.
Io e mio padre ci guardiamo perplessi, vagamente impauriti.
Poi siccome è presto decidiamo di andare a fare un giro da qualche parte, così giusto per ingannare il tempo e per chiedere informazioni sull'azienda in questione.

"Toh guarda, papà, un centro commerciale. Entriamo che magari c'è un bar"
Ed indico a mio padre una specie di enorme blocco di cemento, alto diversi metri, con una porticina al centro e un cartellone con su scritto "Centro commerciale".


Dietro la porta c'è questo lungo corridoio vagamente buio.
Entriamo.
Ci siamo solo io e mio padre.
L'unico suono che si sente è quello dei miei tacchi quando toccano il pavimento.
A destra e a sinistra ci sono solo negozi che vendono all'ingrosso.
Centinaia di altissimi scaffali pieni di oggetti ovunque. Alcuni negozi vendono articoli per cartolerie, altri vendono materiale per il fai da te. Ce n'è addirittura uno di giocattoli, gigantesco.
E penso che se io fossi una bambina, col cazzo che mi farei allettare da tutti quei giocattoli, me ne scapperei via urlando.

In fondo, in fondo al corridoio, proprio nel ventre più profondo di quell'enorme e inquietante costruzione, c'è un bar.
O almeno, ha tutte le sembianze di un bar. I tavolini, la macchina del caffè, le brioches ben disposte sotto le teche.
Peccato che le piante siano  finte e che  la luce artificiale faccia sentire angosciosamente la mancanza del sole.
Ci troviamo in un luogo sconosciuto e sotterraneo. Talmente sotterraneo che non c'è manco il personale, disperso a sua volta nel retro del negozio.
Chiamiamo qualcuno attraverso una porta che si affaccia nel nulla e dopo 5 minuti buoni arriva una signora seguita dalla collega.
Trattasi di due esseri umani di sesso femminile. O almeno, le sembianze sono quelle.
Io ho come l'impressione che quelle due alla luce del sole schiattino come i vampiri.

Ci mettiamo a chiacchierare con loro e così scopriamo che le tizie non conoscono assolutamente l'azienda per cui dovrei fare il colloquio. Il che ci rassicura molto.

Dopo un tempo che sembrava infinito, paghiamo il conto e riemergiamo da quell'antro oscuro per dirigerci nuovamente verso l'ufficio.

"Papà, ripassiamoci i punti del piano. Allora, io mi tengo il telefono in tasca con il tuo numero a portata di mano. Se ti faccio uno squillo breve cosa fai?"
"Squillo breve, suono al citofono."
"Perfetto. Squillo medio lungo?"
"Squillo medio-lungo, entro di prepotenza"
"Squillo lungo?"
"Squillo lungo,entro di prepotenza e avviso le forze dell'ordine"
"Grande pà! Le nostre sono solo precauzioni, vedrai che andrà tutto bene". MI faccio coraggio e scendo dalla macchina.

Arrivo all'ufficio, suono.
Viene ad aprirmi questo tizio di nero vestito, sulla quarantina e mi ritrovo in questo ufficio con i muri color blu e arancione. L'accostamento cromatico è così forte che per poco non sbocco sullo zerbino.
L'arredamento è essenziale, anzi più che essenziale direi scarno. O forse l'aggettivo più giusto sarebbe sciatto.
"Buongiorno, buongiorno... prego, entra pure, diamoci pure del tu, va bene?"
"Ok, diamoci pure del tu"
"Bene, bene tu sei Lisa, giusto?"
"Si, sono io, piacere" e gli do la mano.
"Lisa come Lisa dagli occhi blu?"
Sorride, poi mi fissa un pochino e mi dice. "Si però i tuoi occhi non sono blu, sono castani"
Lo guardo allibita.
Si siede dietro una scrivani e mi fa accomodare.
Lui, dopo aver constatato il colore dei miei occhi non mi chiede più niente, non mi chiede cosa so fare o no. Che tipo di persona sono. Cosa ho studiato.
Si limita a descrivermi per sommi capi il lavoro che dovrei svolgere. Ma talmente per sommi capi che non ci capisco un cazzo.
Al che gli dico che ultimamente ho avuto a che fare solo con aziende poche serie, che lavoravano in modo molto poco serio e gli lancio una lunga occhiata interrogativa.
Lui cerca di rassicurarmi in tutti i modi dicendomi che la sua è un'azienda serissima.
Sembra quasi convincente.

"Senti scusami, ho ancora un dubbio. Mi hai appena detto che in azienda vi occupate di vendere prodotti. E perché su internet c'è scritto che vi occupate di tutt'altro?"
"Beh si, effettivamente noi prima ci occupavamo di quello. Il fatto è che siamo molto flessibili e sappiamo adattarci molto facilmente alle richieste del mercato. Comunque credo che ci siamo detti tutto, tra oggi e domani ti chiamerò per comunicarti l'esito del colloquio, ok?"
Mi conduce all'ingresso e mi saluta molto sbrigativamente. Praticamente mi sta cacciando via.
Capisco in quel momento che il tizio non mi chiamerà mai.
Grazie al cielo.

Torno da mio padre, gli racconto brevemente l'accaduto, lui mette in moto la macchina, ci perdiamo e finalmente riusciamo ad uscire da quella terra dimenticata da dio.

Adesso mi rimane solo una cosa da fare: vendere la sceneggiatura a  Miyazaki.

7 commenti:

  1. ahahahah,ma e' una storia fantastica!!!!
    I Colloqui di Lilly diventera' un best seller!

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    1. Ancora altri 4 o 5 colloqui così e smetto di cercare lavoro, avrò in mano talmente tanto materiale da farci una saga, altro che Twilight e 50 sfumature di grigio.

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  2. Ho brividi in posti che nemmeno sapevo di avere!
    Manca la nebbia e sembra di essere a Silent Hill!

    Cmq, complimenti per l'enfasi narrativa :)
    Ah, se mi dai le coordinate di questo posto provvederò quanto prima a raderlo al suolo ;)

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    1. Sticazzi Joker, sono andata su Google Maps per darti le coordinate, a quanto pare Fornace Zarattini è collocata in mezzo al nulla.
      Hahaha!!!
      Pensa che Silent Hill era venuto in mente, la prima volta che ho ci ho messo piede, a febbraio. Con la foschia c'avevi davvero paura di venire assalita dai mostri volanti.

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    2. Figata!! Beh, in effetti anche il posto dove lavoro io non è segnato su googlemaps :))

      Il bar con i vampiri poi, veramente inquietante. No dai, non smettere di fare colloqui: fanne un business, fanne una serie televisiva, che diventi ricca :)

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  3. Udio che storia! A me successe una cosa simile a Milano per una società che selezionava hostess fieristiche. Sono scappata via perché da fuori ho notato che la porta si apriva solo a chiave, anche da dentro; mica m'era piaciuta molto sta cosa... Come uscivo se chi mi faceva entrare si portava via la chiave?!
    Ero sola e non volevo rischiare!

    Le Z.I. iniziano ad essere sempre più deserte, nemmeno il più catastrofico TG è in grado di descrivere cosa stia succedendo...

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  4. Eri da sola, hai fatto la cosa più saggia ad andartene. Tu pensa che una volta prima di un colloquio avevo l'ansia da prestazione, adesso ho il terrore che possa succedermi qualcosa di grave, Sea..è una situazione indecente, non so neanche io cosa ma bisogna fare qualcosa. Chi non ha lavoro continua a non averlo, chi conosce le persone giuste ha il culo parato...
    Ti abbraccio!

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