Questo sarà il primo di tutta una serie di post che avranno come tematica centrale le mie pippe mentali.
Ahimè.
Che vivere serena, senza farmi troppi problemi, è una condizione che proprio non mi appartiene.
Problema numero uno: mi sento scissa.
E non è che sia un problemino da niente.
Da una parte sento che mi manca qualcosa. Ed è sempre la solita storia che l'altra metà del mio letto matrimoniale è vuota. O meglio, c'è Pippo, il mio pupazzo.
Il problema è che Pippo non t'abbraccia, non parla e non ti fa i grattini. Senza contare che dall'84 ad oggi è sempre lui, un po' più sbiadito ma con la stessa faccia da pirla
Insomma, che due coglioni Pippo.
D'altra parte parole come "matrimonio", "fidanzamento" o "convivenza", mi provocano una reazione allergica pazzesca. Tipo che mi viene 'sto prurito addosso che mi gratterei via pure la pelle se potessi.
Una parte di me non si vuole fermare. Una parte di me pensa che in carcere non ci vuole finire.
Perché conoscere e dedicarsi ad una persona sola, quando il mondo là fuori è pieno di persone da scoprire? Perché? Ma non è bellissimo quel momento in cui inizi a prendere confidenza con qualcuno, quel momento in cui le distanze si accorciano e i confini saltano? Io amo il "brivido della scoperta" anche perché mi è mancato (più o meno) per dieci lunghissimi anni.
Adesso me lo posso concedere.
Il secondo problema è che per quanto sia andato tutto a puttane, i precedenti 10 anni di fidanzamento pulito, sicuramente non mi hanno preparata ad affrontare il mondo là fuori.
Diciamo che forse adesso mi sto rendendo conto che vivevo in un'isola felice dove il tradimento semplicemente non esisteva, sesso e sentimenti coincidevano e il detto che gli uomini pensano solo a scopare era solo un ingiusto pregiudizio.
Ci mancavano solo i due liocorni e i mini pony.
Adesso mi guardo intorno basita.
Quasi tutte le persone che conosco sono impegnate.
Il copione è sempre quello.
All'inizio non ti dicono niente, quando la situazione inizia a scaldarsi, per non avere ripensamenti di coscienza e per evitare casini, ti mandano il fatidico messaggio, perché parlare di persona si sa, è difficile e costa fatica.
Messaggio che inizia sempre con "C'è una cosa che non ti ho detto".
Quanto sono prevedibili.
E quanto sono cogliona io che non ci arrivo mai prima.
-"C'è una cosa che non ti ho detto sono fidanzato da cinque"
"Cinque cosa testa di minchia? Settimane? Mesi?"
"Anni"
"Ma che cazzo"
-"C'è una cosa che non ti ho detto: sono sposato"
...
1 mese dopo: "Ehy, ma perché non rispondi? Come stai? Io sto bene, la mia bimba cresce"
"Scusa ? Hai una figlia? E quanti anni ha?"
"Tesoro, la mia bimba ha un mese, ti mando la foto, la vuoi vedere?"
-"C'è una cosa che non ti ho detto"
"E te pareva"
"Sono insieme ad un'altra, io non te l'ho detto, tu però non hai chiesto"
"Ah, adesso è colpa mia?"
-"Posso essere sincero con te?"
"Originale il ragazzo. Si, ok, ho capito, hai la ragazza vero?"
"No"
"Cristo santissimo, non ci credo!"
"Siamo in pausa"
"Fanculo"
Ma il meglio del meglio è stato sabato sera. La serata degli adii al nubilato e al celibato. Ne avrò contati almeno 5 tra future spose e sposi con amici al seguito. Cazzi di plastica e bambole gonfiabili ovunque. 'Na tristezza immensa.
Poi sul tardi arriva lui, si presenta come "Lo sposo" e mi chiede se gli posso concedere il suo ultimo ballo prima del fatidico evento.
Io vedo gli amici ridacchiare e penso che si tratti di una penitenza o di uno scherzo come spesso succede agli addii al celibato.
Sto al gioco e accetto, tanto "Cosa c'è di più innocuo di un futuro sposo?".
In sottofondo c'è l'azzecatissima "Always" di Bon Jovi.
E mentre siamo lì che balliamo in modo socialmente accettabile, scambiamo qualche parola. Di dove sei, cosa fai nella vita, e bla bla bla
Tutto nella norma.
Poi, ad un certo punto, prima ancora che la canzone finisse:
"Senti ma, un giro in spiaggia ti va?"
"Coooosa?"
"E dai che hai capito"
"Ma tu mica ti devi sposare?"
"Ma si, TANTO IL MATRIMONIO È TRA UN MESE"
Mi stacco.
"Scusa, forse sto correndo troppo. Me lo dai il tuo numero?"
"Ma tu ti devi sposare, ma ti rendi conto?"
E inizia a parlarmi di lei. Del figlio. Dei problemi. Che lei l'ha già chiamato due volte nell'arco della serata.
A me viene il prurito.
Me ne vado.
Io giuro che non ci sto capendo più un cazzo. Né di me, né degli altri.
Penso solamente che prima della menopausa vorrei innamorarmi ancora totalmente come mi è successo anni fa. Vorrei diventare madre. Conoscere la persona giusta (che non sia impegnata magari). Ma soprattutto vorrei capire se devo rivedere il concetto di "coppia" che ho sempre avuto.
Vorrei capire come e dove collocare il brivido della scoperta una volta che i giochi finiranno.
Ma i giochi finiranno davvero?
Ma io una famiglia la voglio sul serio?
Ma io sono del tutto sana di mente? Ho dei problemi per caso?
Ma soprattutto: che cazzo di gente ho conosciuto negli ultimi mesi?
lunedì 27 maggio 2013
Tradimenti
venerdì 24 maggio 2013
Vento di cambiamento
Andrew Wyeth "Christina's World" |
Quando andavo all'asilo però avevo l'audiocassetta con la fiaba narrata ed era una delle mie preferite.
Ricordo che mi piaceva così tanto che una mattina decisi di portarla all'asilo e obbligai la suora a farcela ascoltare.
Lei, dopo svariate insistenze acconsentì, se non altro per tenerci buoni una mezz'oretta.
Peccato che io volevo godermi la fiaba in santa pace, mentre gli altri bambini continuavano a fare una gran caciara.
Pensavo proprio che quelli non ci capivano un cazzo e che non erano in grado di riconoscere qualcosa di buono manco se glielo piazzavi sotto il naso. Stupidi ignoranti.
All'asilo mi sono sempre sentita molto sola. E incompresa.
Ero diversa.
In questi giorni mi è capitato sotto mano il libro e mi sono messa a leggerlo, anche perché di quella fiaba non ricordo quasi più nulla. Tutte le mie affezionatissima audiocassette di quando ero bambina sono andate perdute. E penso che mia madre e mia sorella, le artefici del danno, bruceranno tra le fiamme dell'inferno per questo.
Comunque la storia di Dorothy è una storia senza tempo e senza luogo.
Dorothy abita in mezzo al nulla, vive con gli zii, entrambi depressi, che fanno le stesse identiche cose ogni santo giorno.
Non c'è la sacra ritualità della ripetizione.
Dalle prime righe del racconto si sente subito che l'atmosfera è claustrofobica.
La stessa atmosfera claustrofobica che si respirava nel Kansas alla fine dell'ottocento e che si respira ancora oggi in certi angoli un po' tristi dell'hinterland milanese.
Dorothy poteva essere anche di Cinisello Balsamo per quanto mi riguarda. O di Garbagnate Milanese. O di Pioltello.
Forse noi non c'abbiamo tutti quei campi di grano, ma abbiamo centri commerciali e palazzoni e parcheggi.
Cambia poco però. Il Kansas è sempre quello, quando ce l'hai dentro.
Poi arriva il ciclone e Dorothy, con il suo fedele cane Toto, si ritrova catapultata in un'altra realtà.
Una realtà fatta di magia, streghe da sconfiggere, viaggi lunghi e pieni di insidie, creature incomplete che reclamano con forza la necessità di un cambiamento.
Il regno di Oz è il regno del possibile.
E a volte il Kansas bisogna proprio buttarselo dietro le spalle, anche se non si ha nessuna sicurezza per il futuro. Anche se si è nell'Italia del 2013.
Io il mio Kansas l'ho lasciato alle spalle.
Oh, non è che sono andata chissà dove, che la Romagna sarà anche la patria della piadina ma non può mica competere col regno di Oz.
Siamo sempre lì però, non è una questione di spazi fisici, di confini reali. A volte bastano pochi chilometri per staccare e cambiare aria.
Di creature strane e incomplete ce ne sono anche qui: uomini senza coglioni, vicini di casa senza una vita propria, teste di cazzo senza una dignità.
È diverso però perché non ti ci sei nutrita per anni di tutto quel marcio. Ti prendi solo il buono da chi il buono te lo può dare. Perché a differenza di prima hai una consapevolezza completamente diversa di te.
Ad ogni modo, respirare quelle atmosfere mi ha fatto pensare ad un gruppo che ascoltavo anni fa, quando ero ancora una giovincella di belle speranze.
Loro sono dell'Iowa e Dorothy poteva essere quasi la loro vicina di casa.
Anzi, peccato che Dorothy non abbia avuto dei vicini di casa così. Un bel viaggio nel metal pesante forse sarebbe stato anche meglio dell'avventura nel regno di Oz.
Ecco a voi gli Slipknot.
giovedì 23 maggio 2013
Qualcosa di buono
Sapete che vi dico? Ma chi se ne fotte!
Devo stare qua a preoccuparmi perché sono ancora disoccupata, quando alla fine ho tutta la vita davanti per trovare un pessimo e malretribuito lavoro con cui sarò costretta a convivere fino a quando non esalirò l'ultimo respiro?
Ecco.
Che poi se ti metti proprio d'intento a cercare qualcosa vai tranquillo che non la trovi.
Anche l'amore, ne vogliamo parlare?
Fino a qualche mese fa avevo 'sto bisogno spasmodico di riempire il vuoto, di innamorarmi.
Poi ad un certo punto ho capito che non succedeva perchè semplicemente non ero ancora pronta.
E ho smesso di cercarlo.
Adesso prendo le cose in modo molto più ponderato. Come va, va. E chissene.
L'importante è stare bene, l'importante è l'emozione che provi in quel momento.
Perché quando è forte e pulita te la porti dietro per giorni.
Una parte di me, la parte più profonda di me, continua a dirmi che andrà tutto bene. Che in me c'è ancora del buono.
E poi ci sono le foto.
Quando ero impegnata nella pseudo-azienda non ho scattato manco una foto.
Ho ricominciato non appena mi hanno lasciata a casa.
Devo stare qua a preoccuparmi perché sono ancora disoccupata, quando alla fine ho tutta la vita davanti per trovare un pessimo e malretribuito lavoro con cui sarò costretta a convivere fino a quando non esalirò l'ultimo respiro?
Ecco.
Che poi se ti metti proprio d'intento a cercare qualcosa vai tranquillo che non la trovi.
Anche l'amore, ne vogliamo parlare?
Fino a qualche mese fa avevo 'sto bisogno spasmodico di riempire il vuoto, di innamorarmi.
Poi ad un certo punto ho capito che non succedeva perchè semplicemente non ero ancora pronta.
E ho smesso di cercarlo.
Adesso prendo le cose in modo molto più ponderato. Come va, va. E chissene.
L'importante è stare bene, l'importante è l'emozione che provi in quel momento.
Perché quando è forte e pulita te la porti dietro per giorni.
Una parte di me, la parte più profonda di me, continua a dirmi che andrà tutto bene. Che in me c'è ancora del buono.
E poi ci sono le foto.
Quando ero impegnata nella pseudo-azienda non ho scattato manco una foto.
Ho ricominciato non appena mi hanno lasciata a casa.
martedì 21 maggio 2013
Colloquio di lavoro numero tre -LiLLy e gli antri segreti di Fornace Zarattini-
Fornace Zarattini è una frazione di Ravenna in cui sono concentrate molte delle industrie della città.
Se mai vi dovesse capitare di avventurarvi da quelle parti, ricordatevi di portarvi dietro un dispositivo GPS, un cellulare e qualche bene di prima necessità tipo acqua, cibo, salviettine umide e carta igienica.
Si perchè la nostra amena frazione non è nient'altro che un'enorme distesa di cemento punteggiata di magazzini, uffici e capannoni. Tutti uguali.
Ovviamente ci sono delle vie che fungono da punti di riferimento, peccato che i numeri civici siano stati posizionati secondo la stessa logica usata nel Bingo, quella della casualità. Il che rende la ricerca di un particolare indirizzo un'avventura unica e senza precedenti.
A Fornace Zarattini sai quando entri. Non sai quando esci.
Sempre se esci.
Qualcuno di voi potrebbe dirmi: "Suvvia LiLLy, ci sarà qualcuno a cui chiedere informazioni, no?"
Ebbene, sappiate che a Fornace Zarattini non v'è forma di vita umana alcuna.
"Ma se non ci sono persone, chi fa andare avanti il lavoro nelle fabbriche?"
Già, miei cari lettori, questo me lo sono chiesta anche io. La mia supposizione è che Fornace Zarattini, si trovi al confine con una realtà parallela.
Avete presente il film "Il castello errante di Howl"? Avete presente il demone Calcifer, lo spirito che permette al castello di volare e che fa andare avanti tutto l'ambarandan?
Ecco, le industrie a Fornace Zarattini funzionano così.
E infatti la sensazione che ho è proprio quella di essere stata catapultata in un film di Miyazaki.
Io e mio padre ci mettiamo a cercare l'indirizzo dell'ufficio in cui ho appuntamento per il colloquio. Siamo in anticipo, mooooooooolto in anticipo.
Voi mi direte: " Maddai LiLLy, c'hai quasi trent'anni e ti porti dietro tuo padre ?"
Cari e impertinenti lettori, non sono mai stata morbosamente attaccata a mio padre nemmeno quando ero in fasce, senza contare che ho smesso di vivere con i miei genitori a 20 anni e che negli anni successivi mi sono sempre arrangiata da sola.
Il problema è che non sono ben sicura di chi potrei trovarmi di fronte quando farò il colloquio.
La persona che mi ha contattata, ha effettuato la chiamata con un numero di cellulare e non con un fisso. Mi ha detto il nome dell'azienda, mi ha detto in quale settore opera. Peccato che andando poi a controllare, su internet venivano riportate informazioni del tutto diverse.
Dopo una ricerca estenuante finalmente troviamo l'ufficio.
Si trova in una costruzione vecchia, abbandonata e non ha nemmeno un'insegna fuori.
Io e mio padre ci guardiamo perplessi, vagamente impauriti.
Poi siccome è presto decidiamo di andare a fare un giro da qualche parte, così giusto per ingannare il tempo e per chiedere informazioni sull'azienda in questione.
"Toh guarda, papà, un centro commerciale. Entriamo che magari c'è un bar"
Ed indico a mio padre una specie di enorme blocco di cemento, alto diversi metri, con una porticina al centro e un cartellone con su scritto "Centro commerciale".
Dietro la porta c'è questo lungo corridoio vagamente buio.
Entriamo.
Ci siamo solo io e mio padre.
L'unico suono che si sente è quello dei miei tacchi quando toccano il pavimento.
A destra e a sinistra ci sono solo negozi che vendono all'ingrosso.
Centinaia di altissimi scaffali pieni di oggetti ovunque. Alcuni negozi vendono articoli per cartolerie, altri vendono materiale per il fai da te. Ce n'è addirittura uno di giocattoli, gigantesco.
E penso che se io fossi una bambina, col cazzo che mi farei allettare da tutti quei giocattoli, me ne scapperei via urlando.
In fondo, in fondo al corridoio, proprio nel ventre più profondo di quell'enorme e inquietante costruzione, c'è un bar.
O almeno, ha tutte le sembianze di un bar. I tavolini, la macchina del caffè, le brioches ben disposte sotto le teche.
Peccato che le piante siano finte e che la luce artificiale faccia sentire angosciosamente la mancanza del sole.
Ci troviamo in un luogo sconosciuto e sotterraneo. Talmente sotterraneo che non c'è manco il personale, disperso a sua volta nel retro del negozio.
Chiamiamo qualcuno attraverso una porta che si affaccia nel nulla e dopo 5 minuti buoni arriva una signora seguita dalla collega.
Trattasi di due esseri umani di sesso femminile. O almeno, le sembianze sono quelle.
Io ho come l'impressione che quelle due alla luce del sole schiattino come i vampiri.
Ci mettiamo a chiacchierare con loro e così scopriamo che le tizie non conoscono assolutamente l'azienda per cui dovrei fare il colloquio. Il che ci rassicura molto.
Dopo un tempo che sembrava infinito, paghiamo il conto e riemergiamo da quell'antro oscuro per dirigerci nuovamente verso l'ufficio.
"Papà, ripassiamoci i punti del piano. Allora, io mi tengo il telefono in tasca con il tuo numero a portata di mano. Se ti faccio uno squillo breve cosa fai?"
"Squillo breve, suono al citofono."
"Perfetto. Squillo medio lungo?"
"Squillo medio-lungo, entro di prepotenza"
"Squillo lungo?"
"Squillo lungo,entro di prepotenza e avviso le forze dell'ordine"
"Grande pà! Le nostre sono solo precauzioni, vedrai che andrà tutto bene". MI faccio coraggio e scendo dalla macchina.
Arrivo all'ufficio, suono.
Viene ad aprirmi questo tizio di nero vestito, sulla quarantina e mi ritrovo in questo ufficio con i muri color blu e arancione. L'accostamento cromatico è così forte che per poco non sbocco sullo zerbino.
L'arredamento è essenziale, anzi più che essenziale direi scarno. O forse l'aggettivo più giusto sarebbe sciatto.
"Buongiorno, buongiorno... prego, entra pure, diamoci pure del tu, va bene?"
"Ok, diamoci pure del tu"
"Bene, bene tu sei Lisa, giusto?"
"Si, sono io, piacere" e gli do la mano.
"Lisa come Lisa dagli occhi blu?"
Sorride, poi mi fissa un pochino e mi dice. "Si però i tuoi occhi non sono blu, sono castani"
Lo guardo allibita.
Si siede dietro una scrivani e mi fa accomodare.
Lui, dopo aver constatato il colore dei miei occhi non mi chiede più niente, non mi chiede cosa so fare o no. Che tipo di persona sono. Cosa ho studiato.
Si limita a descrivermi per sommi capi il lavoro che dovrei svolgere. Ma talmente per sommi capi che non ci capisco un cazzo.
Al che gli dico che ultimamente ho avuto a che fare solo con aziende poche serie, che lavoravano in modo molto poco serio e gli lancio una lunga occhiata interrogativa.
Lui cerca di rassicurarmi in tutti i modi dicendomi che la sua è un'azienda serissima.
Sembra quasi convincente.
"Senti scusami, ho ancora un dubbio. Mi hai appena detto che in azienda vi occupate di vendere prodotti. E perché su internet c'è scritto che vi occupate di tutt'altro?"
"Beh si, effettivamente noi prima ci occupavamo di quello. Il fatto è che siamo molto flessibili e sappiamo adattarci molto facilmente alle richieste del mercato. Comunque credo che ci siamo detti tutto, tra oggi e domani ti chiamerò per comunicarti l'esito del colloquio, ok?"
Mi conduce all'ingresso e mi saluta molto sbrigativamente. Praticamente mi sta cacciando via.
Capisco in quel momento che il tizio non mi chiamerà mai.
Grazie al cielo.
Torno da mio padre, gli racconto brevemente l'accaduto, lui mette in moto la macchina, ci perdiamo e finalmente riusciamo ad uscire da quella terra dimenticata da dio.
Adesso mi rimane solo una cosa da fare: vendere la sceneggiatura a Miyazaki.
Se mai vi dovesse capitare di avventurarvi da quelle parti, ricordatevi di portarvi dietro un dispositivo GPS, un cellulare e qualche bene di prima necessità tipo acqua, cibo, salviettine umide e carta igienica.
Si perchè la nostra amena frazione non è nient'altro che un'enorme distesa di cemento punteggiata di magazzini, uffici e capannoni. Tutti uguali.
Ovviamente ci sono delle vie che fungono da punti di riferimento, peccato che i numeri civici siano stati posizionati secondo la stessa logica usata nel Bingo, quella della casualità. Il che rende la ricerca di un particolare indirizzo un'avventura unica e senza precedenti.
A Fornace Zarattini sai quando entri. Non sai quando esci.
Sempre se esci.
Qualcuno di voi potrebbe dirmi: "Suvvia LiLLy, ci sarà qualcuno a cui chiedere informazioni, no?"
Ebbene, sappiate che a Fornace Zarattini non v'è forma di vita umana alcuna.
"Ma se non ci sono persone, chi fa andare avanti il lavoro nelle fabbriche?"
Già, miei cari lettori, questo me lo sono chiesta anche io. La mia supposizione è che Fornace Zarattini, si trovi al confine con una realtà parallela.
Avete presente il film "Il castello errante di Howl"? Avete presente il demone Calcifer, lo spirito che permette al castello di volare e che fa andare avanti tutto l'ambarandan?
Ecco, le industrie a Fornace Zarattini funzionano così.
E infatti la sensazione che ho è proprio quella di essere stata catapultata in un film di Miyazaki.
Io e mio padre ci mettiamo a cercare l'indirizzo dell'ufficio in cui ho appuntamento per il colloquio. Siamo in anticipo, mooooooooolto in anticipo.
Voi mi direte: " Maddai LiLLy, c'hai quasi trent'anni e ti porti dietro tuo padre ?"
Cari e impertinenti lettori, non sono mai stata morbosamente attaccata a mio padre nemmeno quando ero in fasce, senza contare che ho smesso di vivere con i miei genitori a 20 anni e che negli anni successivi mi sono sempre arrangiata da sola.
Il problema è che non sono ben sicura di chi potrei trovarmi di fronte quando farò il colloquio.
La persona che mi ha contattata, ha effettuato la chiamata con un numero di cellulare e non con un fisso. Mi ha detto il nome dell'azienda, mi ha detto in quale settore opera. Peccato che andando poi a controllare, su internet venivano riportate informazioni del tutto diverse.
Dopo una ricerca estenuante finalmente troviamo l'ufficio.
Si trova in una costruzione vecchia, abbandonata e non ha nemmeno un'insegna fuori.
Io e mio padre ci guardiamo perplessi, vagamente impauriti.
Poi siccome è presto decidiamo di andare a fare un giro da qualche parte, così giusto per ingannare il tempo e per chiedere informazioni sull'azienda in questione.
"Toh guarda, papà, un centro commerciale. Entriamo che magari c'è un bar"
Ed indico a mio padre una specie di enorme blocco di cemento, alto diversi metri, con una porticina al centro e un cartellone con su scritto "Centro commerciale".
Dietro la porta c'è questo lungo corridoio vagamente buio.
Entriamo.
Ci siamo solo io e mio padre.
L'unico suono che si sente è quello dei miei tacchi quando toccano il pavimento.
A destra e a sinistra ci sono solo negozi che vendono all'ingrosso.
Centinaia di altissimi scaffali pieni di oggetti ovunque. Alcuni negozi vendono articoli per cartolerie, altri vendono materiale per il fai da te. Ce n'è addirittura uno di giocattoli, gigantesco.
E penso che se io fossi una bambina, col cazzo che mi farei allettare da tutti quei giocattoli, me ne scapperei via urlando.
In fondo, in fondo al corridoio, proprio nel ventre più profondo di quell'enorme e inquietante costruzione, c'è un bar.
O almeno, ha tutte le sembianze di un bar. I tavolini, la macchina del caffè, le brioches ben disposte sotto le teche.
Peccato che le piante siano finte e che la luce artificiale faccia sentire angosciosamente la mancanza del sole.
Ci troviamo in un luogo sconosciuto e sotterraneo. Talmente sotterraneo che non c'è manco il personale, disperso a sua volta nel retro del negozio.
Chiamiamo qualcuno attraverso una porta che si affaccia nel nulla e dopo 5 minuti buoni arriva una signora seguita dalla collega.
Trattasi di due esseri umani di sesso femminile. O almeno, le sembianze sono quelle.
Io ho come l'impressione che quelle due alla luce del sole schiattino come i vampiri.
Ci mettiamo a chiacchierare con loro e così scopriamo che le tizie non conoscono assolutamente l'azienda per cui dovrei fare il colloquio. Il che ci rassicura molto.
Dopo un tempo che sembrava infinito, paghiamo il conto e riemergiamo da quell'antro oscuro per dirigerci nuovamente verso l'ufficio.
"Papà, ripassiamoci i punti del piano. Allora, io mi tengo il telefono in tasca con il tuo numero a portata di mano. Se ti faccio uno squillo breve cosa fai?"
"Squillo breve, suono al citofono."
"Perfetto. Squillo medio lungo?"
"Squillo medio-lungo, entro di prepotenza"
"Squillo lungo?"
"Squillo lungo,entro di prepotenza e avviso le forze dell'ordine"
"Grande pà! Le nostre sono solo precauzioni, vedrai che andrà tutto bene". MI faccio coraggio e scendo dalla macchina.
Arrivo all'ufficio, suono.
Viene ad aprirmi questo tizio di nero vestito, sulla quarantina e mi ritrovo in questo ufficio con i muri color blu e arancione. L'accostamento cromatico è così forte che per poco non sbocco sullo zerbino.
L'arredamento è essenziale, anzi più che essenziale direi scarno. O forse l'aggettivo più giusto sarebbe sciatto.
"Buongiorno, buongiorno... prego, entra pure, diamoci pure del tu, va bene?"
"Ok, diamoci pure del tu"
"Bene, bene tu sei Lisa, giusto?"
"Si, sono io, piacere" e gli do la mano.
"Lisa come Lisa dagli occhi blu?"
Sorride, poi mi fissa un pochino e mi dice. "Si però i tuoi occhi non sono blu, sono castani"
Lo guardo allibita.
Si siede dietro una scrivani e mi fa accomodare.
Lui, dopo aver constatato il colore dei miei occhi non mi chiede più niente, non mi chiede cosa so fare o no. Che tipo di persona sono. Cosa ho studiato.
Si limita a descrivermi per sommi capi il lavoro che dovrei svolgere. Ma talmente per sommi capi che non ci capisco un cazzo.
Al che gli dico che ultimamente ho avuto a che fare solo con aziende poche serie, che lavoravano in modo molto poco serio e gli lancio una lunga occhiata interrogativa.
Lui cerca di rassicurarmi in tutti i modi dicendomi che la sua è un'azienda serissima.
Sembra quasi convincente.
"Senti scusami, ho ancora un dubbio. Mi hai appena detto che in azienda vi occupate di vendere prodotti. E perché su internet c'è scritto che vi occupate di tutt'altro?"
"Beh si, effettivamente noi prima ci occupavamo di quello. Il fatto è che siamo molto flessibili e sappiamo adattarci molto facilmente alle richieste del mercato. Comunque credo che ci siamo detti tutto, tra oggi e domani ti chiamerò per comunicarti l'esito del colloquio, ok?"
Mi conduce all'ingresso e mi saluta molto sbrigativamente. Praticamente mi sta cacciando via.
Capisco in quel momento che il tizio non mi chiamerà mai.
Grazie al cielo.
Torno da mio padre, gli racconto brevemente l'accaduto, lui mette in moto la macchina, ci perdiamo e finalmente riusciamo ad uscire da quella terra dimenticata da dio.
Adesso mi rimane solo una cosa da fare: vendere la sceneggiatura a Miyazaki.
domenica 19 maggio 2013
Domani è un altro giorno
Dunque, dunque, veniamo al dunque.
Che in questo caso sarebbe nuovamente
la mia propensione all'incazzatura selvaggia e al malumore.
Allora, pensiamo che LiLLy nelle ultime
due settimane si è rimessa in gioco.
Ha iniziato un lavoro nuovo, mai fatto
prima.
All'inizio è stato spiazzante, ci è
mancato poco che gettasse la spugna.
Poi però si è data tanto da fare, ha
studiato, a volte anche fino a notte tarda.
Ha dimostrato un grande spirito di
adattamento, ha ottenuto qualche risultato. Certo non parliamo di
risultati ottimi, dopo tutto era appena all'inizio!
E si è divertita, ha incontrato
persone nuove.
Ha conosciuto anche livelli di tensione
stellari perché ha scoperto che l'azienda in questione non faceva
troppi complimenti quando si trattava di dover lasciare i dipendenti
a casa.
Ma LiLLy, se n'è infischiata di tutto
ed è andata avanti, mettendoci anche quella sana cosa chiamata
entusiasmo.
Avere a che fare con i clienti le
piaceva ed era sempre un piacere sentirli soddisfatti e contenti.
Ha festeggiato il suo compleanno in
ufficio distribuendo biscotti.
LiLLy sapeva di essere sempre sul filo
del rasoio, lei come gli altri, eppure non mancava mai il momento per
scherzare con i colleghi, per dirne di ogni dietro all'azienda.
Poi si è arrivati agli sgoccioli e il
periodo di prova si è quasi concluso.
LiLLy si è ritrovata in bagno a
consolare una possibile futura collega molto più giovane, ormai
esausta, che piangeva a dirotto.
E in quell'esatto momento, mentre si
abbassava per inginocchiarsi di fianco a lei, appoggiandole una mano
sulla spalla, ha capito che c'era molta più dignità e coraggio in
quella ragazza in lacrime che metteva a nudo le sue fragilità, che
non in tutta la pseudo-azienda con tutti i suoi meccanismi perversi.
Poche ore dopo LiLLy veniva spedita a
casa, causa “scarsi risultati”. Quando i risultati ottenuti da
LiLLy erano stati uguali se non appena superiori a quelli di un'altra
ragazza a cui il contratto di lavoro è stato invece offerto.
Ci metti l'entusiasmo, lavori senza essere pagata e loro ti
prendono per il culo.
Adesso voglio godere del sacrosanto
diritto di essere incazzata. Prendermi tempo per riprendermi.
Come dice Rossella, "Domani è un altro giorno".
Da domani ricomincerò a cercare lavoro.
Adesso sono arrabbiata ma nulla mi
impedisce di costruire le basi per poter essere felice domani.
E nulla mi impedisce di raccontare
quello che mi è successo nella pseudo-azienda a chi di dovere.
Già, si faranno proprio una gran bella pubblicità.
Non cambierà nulla, vero? Beh, almeno non
faccio finta di niente.
venerdì 17 maggio 2013
Porte sbattute in faccia
Avete presente quando anche scrivere non ha più senso?
Perchè tanto alla fine sono sempre quelle le cose che dici: che sei arrabbiata, che non ce la fai più, che aaaaaaaaaahhhhhhhhhhh.
Ecco.
È vero che il lavoro non è tutto.
Ma è anche vero che se vuoi farti un giro da qualche parte, se vuoi uscire, prenderti una cazzo di pizza, andare a vedere una cazzo di mostra, ci vogliono i dindini.
E allora la vita torna in stand by.
Le tante cose che vorresti fare non le fai più.
Le giornate senza impegni sono vuote. Vuote e tremendamente lunghe.
Che poi ci sarebbe anche quella piccola questione del "Vorrei sentirmi realizzata come persona e come donna".
Vorrei sentirmi CAPACE.
E alla fine si riduce tutto a quello. Il diritto di esprimere il proprio valore.
Il diritto di imparare senza entrare in quella cazzo di logica di merda del "devi sapere tutto e subito, ti vogliamo giovane ma con esperienza".
Sono tremendamente stanca, vivo senza poesia.
Spero di avere presto ancora qualcosa da scrivere, da raccontare.
Per ora solo vuoto e rabbia.
Perchè tanto alla fine sono sempre quelle le cose che dici: che sei arrabbiata, che non ce la fai più, che aaaaaaaaaahhhhhhhhhhh.
Ecco.
È vero che il lavoro non è tutto.
Ma è anche vero che se vuoi farti un giro da qualche parte, se vuoi uscire, prenderti una cazzo di pizza, andare a vedere una cazzo di mostra, ci vogliono i dindini.
E allora la vita torna in stand by.
Le tante cose che vorresti fare non le fai più.
Le giornate senza impegni sono vuote. Vuote e tremendamente lunghe.
Che poi ci sarebbe anche quella piccola questione del "Vorrei sentirmi realizzata come persona e come donna".
Vorrei sentirmi CAPACE.
E alla fine si riduce tutto a quello. Il diritto di esprimere il proprio valore.
Il diritto di imparare senza entrare in quella cazzo di logica di merda del "devi sapere tutto e subito, ti vogliamo giovane ma con esperienza".
Sono tremendamente stanca, vivo senza poesia.
Spero di avere presto ancora qualcosa da scrivere, da raccontare.
Per ora solo vuoto e rabbia.
mercoledì 8 maggio 2013
Come fronteggiare la crisi in momenti di crisi
Siete in crisi per la crisi? Vi sta venendo l'ulcera? Dormite in media 4 ore a notte?
Fate come me e trarrete profitto da questa situazione, perchè ricordatevelo: la parola crisi in molte lingue significa anche opportunità! E sticazzi!
Cosa fare in momenti come questi? Suvvia, non state lì a spremervi le meningi, c'è LiLLy che ve lo dice!
Ecco qua:
1- Gridare contro il telegiornale. Mica piano eh, FORTE. Roba che i vicini s'affacciano alla finestra per vedere chi sta ammazzando chi.
2- Gridare contro amici e parenti. Mica piano eh, FORTE. Roba che quando esci di casa i vicini ti guardano male e pensano che tu soffra di un qualche disturbo della personalità.
3-Piangere, piangere, piangere. Ma mica piano eh, FORTE. Roba che i vicini quando ti vedono sono talmente dispiaciuti che si mettono a piangere pure loro.
4- Partecipare a conversazioni tipo:
"Ciao LiLLy! Allora come..."
"'Na merda"
"È successe qualcosa?"
"AHHHHH"
"AHHHHHHH???"
"AHHHHHHHHHHHHH fanculo AHHHHHHHHHHHHHH. Scusa rimani un attimino su skype che mi stanno chiamando sul cellulare"
"Pronto? Ciao LiLLy e morire che ti fai sentire! Come stai?"
"AHHHHHH 'NA MERDA AHHHHHHHHHHHHH"
"O mio dio ma che succede?"
"AHHHHHHHHHHH.AHHHHHHHHHHHH. AHHHHHHHH."
"LiLLy, così mi fai pura"
"Scusa ma c'ho gente su skype, sarai ricontattato il prima possibile, AHHHHHHHHHHHH Stammi bene. Ciao"
5- Pensare a nuovi percorsi lavorativi percorribili, tipo aprire un sexy shop, andare a raccogliere le vongole in spiaggia e venderle, fare la mantenuta. E trovare molto, moooooolto appetibile fare la mantenuta
Tra parentesi, se mi volete mantenere siete liberi di farlo, vi offro simpatia e sostegno morale. Mandatemi il vostro curriculum, lo visionerò il prima possibile.
Mmm.
La situazione è grave, ma il mio atteggiamento disfattista non credo che mi stia facendo bene.
Vorrei scrivere d'altro, mi rendo conto che sto diventando ripetitiva. Purtroppo non ci riesco.
Fate come me e trarrete profitto da questa situazione, perchè ricordatevelo: la parola crisi in molte lingue significa anche opportunità! E sticazzi!
Cosa fare in momenti come questi? Suvvia, non state lì a spremervi le meningi, c'è LiLLy che ve lo dice!
Ecco qua:
1- Gridare contro il telegiornale. Mica piano eh, FORTE. Roba che i vicini s'affacciano alla finestra per vedere chi sta ammazzando chi.
2- Gridare contro amici e parenti. Mica piano eh, FORTE. Roba che quando esci di casa i vicini ti guardano male e pensano che tu soffra di un qualche disturbo della personalità.
3-Piangere, piangere, piangere. Ma mica piano eh, FORTE. Roba che i vicini quando ti vedono sono talmente dispiaciuti che si mettono a piangere pure loro.
4- Partecipare a conversazioni tipo:
"Ciao LiLLy! Allora come..."
"'Na merda"
"È successe qualcosa?"
"AHHHHH"
"AHHHHHHH???"
"AHHHHHHHHHHHHH fanculo AHHHHHHHHHHHHHH. Scusa rimani un attimino su skype che mi stanno chiamando sul cellulare"
"Pronto? Ciao LiLLy e morire che ti fai sentire! Come stai?"
"AHHHHHH 'NA MERDA AHHHHHHHHHHHHH"
"O mio dio ma che succede?"
"AHHHHHHHHHHH.AHHHHHHHHHHHH. AHHHHHHHH."
"LiLLy, così mi fai pura"
"Scusa ma c'ho gente su skype, sarai ricontattato il prima possibile, AHHHHHHHHHHHH Stammi bene. Ciao"
5- Pensare a nuovi percorsi lavorativi percorribili, tipo aprire un sexy shop, andare a raccogliere le vongole in spiaggia e venderle, fare la mantenuta. E trovare molto, moooooolto appetibile fare la mantenuta
Tra parentesi, se mi volete mantenere siete liberi di farlo, vi offro simpatia e sostegno morale. Mandatemi il vostro curriculum, lo visionerò il prima possibile.
Mmm.
La situazione è grave, ma il mio atteggiamento disfattista non credo che mi stia facendo bene.
Vorrei scrivere d'altro, mi rendo conto che sto diventando ripetitiva. Purtroppo non ci riesco.
venerdì 3 maggio 2013
Anime perse accorrete! (o forse anche no)
L'altro giorno stavo dando un'occhiata
alle sezione “parole chiave per la ricerca” del mio blog.
Sezione che penso rappresenti la
quintessenza di un blog.
E come questa quintessenza venga colta
dagli altri.
In questo caso “gli altri”
sarebbero le altre anime perse, come me.
Che vorrei dire, visto che a quanto
pare siamo tutte anime perse, troviamoci da qualche parte no?
Vabbè.
Dopo aver letto mi sono fatta qualche domanda.
Davvero il mio blog è questo? Ma
davvero? Forse, forse mi sa che devo iniziare a lavarmi la bocca col
sapone e piantarla di affrontare tematiche scabrose.
Allora, tot. persone mi hanno trovata
digitando il nome del mio blog, quindi “Me myself and io” et
similia. E su questo non ci trovo nulla di strano.
Lo stesso numero di persone -uguale,
spiaccicato, identico- mi ha trovata digitando “Affogavo i miei
dispiaceri nell'alcool”.
Mi sa che anziché organizzare feste in
giro per l'Italia a base di (e daje) alcool, patatine e costine,
forse mi conviene organizzare una bella seduta collettiva come agli
anonimi.
Mi pare più costruttivo.
Ma andiamo avanti.
Un
numero sicuramente più esiguo ma abbastanza importante mi ha trovata
digitando “Cuckold blogspot” o all'inverso “Blogspot cuckold”,
della serie “Scrivi una volta il nome di una pratica sessuale a te
sconosciuta fino al giorno prima e vedi un po' cosa succede”.
Succede che vieni cercata da gente
strana, ecco cosa succede.
Mai strana però quanto la -presumo-
signora che mi ha trovato digitando la locuzione: “Cinquantenne
porca cerca padrone”.
Ma sul serio nel mio blog compaiono le
parole cinquantenne, porca e padrone? Mi è sfuggito qualcosa?
Ma il top del top l'ha raggiunto questo
-presumo- uomo che mi ha trovata con “Dammela ho voglia di
scoparla”.
Che diciamocelo, se uno hai voglia di sesso
e lo cerca in rete, andare su Youporn è di una banalità
imbarazzante. Così come mettersi a cercare sesso digitando frasi
scontatissime come “cerco sesso”, “voglio scopare” etc.
Questo tizio è un genio e la sua mente
creativa si merita tutta la mia stima.
“Dammela ho voglia di scoparla”.
Non ha un suono meraviglioso?
Sembra l'inizio di una poesia.
Il mio, però, non è un blog erotico
(o almeno credo, adesso ho dei seri dubbi in merito) e sono stata
trovata anche con:
- “Gli uomini non capiscono un
cazzo”. Per fortuna c'è qualche altra anima persa e incazzata che
la pensa come me.
- “Domenica sera e non ho un cazzo da
fare”. Non hai un cazzo da fare? Ecco, bravo, chiedi a papà Google
che ti manda da me. Almeno trovi un modo intelligente per passare il
tempo.
- “Mi sento un abietto”. Ti senti un
abietto tu? Pensa a come mi sento io che ci ho scritto addirittura un post.
E per concludere, l'inquietantissima:
-”Ti conosco lilly”. Lo sapevo che
prima o poi mi beccavano, lo sapevo.
E si che nel mio blog ho citato i
Baustelle, ho citato De Andrè, ho citato perfino Nietzsche durante
un momento di puro delirio. Ho parlato di diversi film e libri.
Eppure il cuckold ha avuto la meglio su tutto.
Dunque, dunque, cosa dicevo poc'anzi?
Siamo anime perse e quindi sarebbe bello trovarsi da qualche parte?
Non sono più sicura che sia una buona
idea.
State a casa vostra che meglio.
mercoledì 1 maggio 2013
Nel mezzo del cammin di nostra vita
(E facciamo le corna, che magari preferirei campare anche più di 58 anni)
Sono incappata in uno di quelli annunci di lavoro farlocchi in cui ti attirano proponendoti un lavoro come segretaria e poi ti ritrova a lavorare porta a porta, con un unico obiettivo: raggirare il prossimo.
Che sarebbe anche un ottimo sistema per sfoggiare la mia suadente dialettica, però insomma, preferirei stare a posto con la coscienza.
Quando ho capito che c'era qualcosa che non andava, e questo l'ho capito fin dal momento in cui mi hanno chiamata per il colloquio di lavoro, ho pensato che iddio aveva consegnato tra le mie mani lo scoop del secolo. Ero giò pronta a registrare i colloqui con lo smartphone e a montare un servizio che manco alle Iene
Poi ho scoperto che questa gentaglia è in giro da anni e di video e servizi ne circolano una valanga in rete.
Che poi, se questi sono in giro da anni, mi verrebbe anche da chiedere perchè nessuno li ferma.
Qualcuno di voi lo sa?
Quando abitavo a Milano è successo che un losco individuo mi suonasse il campanello spacciandossi per "addetto comunale" e dicendomi che dovevo firmare un foglio per ottenere degli sgravi sulla bolletta.
"Mi scusi, ma lei mi sta facendo firmare un contratto con l'azienda TiFotto.Che cazzo di azienda è TiFotto?"
"No, no signorina, le assicuro che non è così"
"Ma qui c'è scritto tutt'altro"
"Non ci faccia caso, non è importante"
"E da cosa dedurrebbe che io sia così coglionazza? Mi dica, qual è l'elemento chiave? La mia espressione? La mia postura? Ah, cazzo, adesso ho capito. È il maglione che mi ha fatto mia mamma ai ferri, vero? Giuro che lo tengo solo per stare in casa."
E chi se lo immaginava che il losco individuo sarebbe potuto diventare un mio futuro collega?
I siti per trovare lavoro sono intasati dai loro annunci spazzatura e se uno è abbastanza sgamato se ne accorge. Insomma chi cazzo è che ti propone un lavoro come segretaria anche alla prima esperienza a tempo INDETERMINATO?
Ormai non ci casca più nessuno.
A parte me.
L'altro giorno invece ho fatto il colloquio per ottenere un posto come centralinista per un'importantissima e stra-conosciuta compagnia telefonica.
Io credo che lo stato debba intervenire e porre fine a queste situazioni di SFRUTTAMENTO. Perchè è così che si chiama, ripetiamolo tutti insieme: S F R U T T A M E N T O.
Ma tu mi puoi pagare UNA MISERIA e poi arrivare perfino a dimezzare questa miseria se non vendo abbastanza contratti? E per MISERIA intendo anche stipendi da 300 euro.
E già.
Perchè tu, becero essere di un disoccupato, sei un costo per l'azienda, quindi per poter fare più ore devi far vedere che sei bravo, che vendi.
E, attenzione, non sono previsti incentivi se vendi tanto.
Perchè ovviamente, il coltello dalla parte del manico ce l'hanno loro.
E io sarei una delle poche elette il cui colloquio ha avuto esito positivo.
Mio padre mi ha detto che, visti i presupposti, probabilmente il colloquio l'avrebbe passato anche lui che ha 75 anni e che non parla italiano, ma un buffo mix di italiano, milanese e calabrese, il miliabrese.
A proposito, conoscete il miliabrese? Lo volete imparare? Contattatemi che vi do lezioni private su skype, per il prezzo possiamo trattare.
Mi sa che forse mi conviene fare la truffatrice.
Sono incappata in uno di quelli annunci di lavoro farlocchi in cui ti attirano proponendoti un lavoro come segretaria e poi ti ritrova a lavorare porta a porta, con un unico obiettivo: raggirare il prossimo.
Che sarebbe anche un ottimo sistema per sfoggiare la mia suadente dialettica, però insomma, preferirei stare a posto con la coscienza.
Quando ho capito che c'era qualcosa che non andava, e questo l'ho capito fin dal momento in cui mi hanno chiamata per il colloquio di lavoro, ho pensato che iddio aveva consegnato tra le mie mani lo scoop del secolo. Ero giò pronta a registrare i colloqui con lo smartphone e a montare un servizio che manco alle Iene
Poi ho scoperto che questa gentaglia è in giro da anni e di video e servizi ne circolano una valanga in rete.
Che poi, se questi sono in giro da anni, mi verrebbe anche da chiedere perchè nessuno li ferma.
Qualcuno di voi lo sa?
Quando abitavo a Milano è successo che un losco individuo mi suonasse il campanello spacciandossi per "addetto comunale" e dicendomi che dovevo firmare un foglio per ottenere degli sgravi sulla bolletta.
"Mi scusi, ma lei mi sta facendo firmare un contratto con l'azienda TiFotto.Che cazzo di azienda è TiFotto?"
"No, no signorina, le assicuro che non è così"
"Ma qui c'è scritto tutt'altro"
"Non ci faccia caso, non è importante"
"E da cosa dedurrebbe che io sia così coglionazza? Mi dica, qual è l'elemento chiave? La mia espressione? La mia postura? Ah, cazzo, adesso ho capito. È il maglione che mi ha fatto mia mamma ai ferri, vero? Giuro che lo tengo solo per stare in casa."
E chi se lo immaginava che il losco individuo sarebbe potuto diventare un mio futuro collega?
I siti per trovare lavoro sono intasati dai loro annunci spazzatura e se uno è abbastanza sgamato se ne accorge. Insomma chi cazzo è che ti propone un lavoro come segretaria anche alla prima esperienza a tempo INDETERMINATO?
Ormai non ci casca più nessuno.
A parte me.
L'altro giorno invece ho fatto il colloquio per ottenere un posto come centralinista per un'importantissima e stra-conosciuta compagnia telefonica.
Io credo che lo stato debba intervenire e porre fine a queste situazioni di SFRUTTAMENTO. Perchè è così che si chiama, ripetiamolo tutti insieme: S F R U T T A M E N T O.
Ma tu mi puoi pagare UNA MISERIA e poi arrivare perfino a dimezzare questa miseria se non vendo abbastanza contratti? E per MISERIA intendo anche stipendi da 300 euro.
E già.
Perchè tu, becero essere di un disoccupato, sei un costo per l'azienda, quindi per poter fare più ore devi far vedere che sei bravo, che vendi.
E, attenzione, non sono previsti incentivi se vendi tanto.
Perchè ovviamente, il coltello dalla parte del manico ce l'hanno loro.
E io sarei una delle poche elette il cui colloquio ha avuto esito positivo.
Mio padre mi ha detto che, visti i presupposti, probabilmente il colloquio l'avrebbe passato anche lui che ha 75 anni e che non parla italiano, ma un buffo mix di italiano, milanese e calabrese, il miliabrese.
A proposito, conoscete il miliabrese? Lo volete imparare? Contattatemi che vi do lezioni private su skype, per il prezzo possiamo trattare.
Mi sa che forse mi conviene fare la truffatrice.
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